Darimar's Zone: sito divulgativo dedicato alla Zona di esclusione, all'incidente nucleare di Chernobyl e al videogioco S.T.A.L.K.E.R.

sabato 30 gennaio 2010

3,5 milioni di euro all'Ucraina per smaltire le scorie della centrale

KIEV, 28 gennaio - Il presidente Viktor Yushchenko ha firmato una legge che ratifica un accordo tra la Banca europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, il Consiglio dei Ministri e il Comitato Statale di Regolamentazione del Nucleare dell'Ucraina.
Il Parlamento ha ratificato la legge il 20 gennaio.
L'accordo prevede l'assegnazione di 3,5 milioni di euro all'Ucraina per il finanziamento della sicurezza da nucleare e da radiazioni durante la costruzione di un impianto di stoccaggio a secco per il combustibile nucleare esaurito alla Centrale Nucleare di Chernobyl.

Fonte: Ukrainian Journal, 28 gennaio 2010

domenica 17 gennaio 2010

Cernobyl, un cantiere per l'eternità

Se esistesse un inferno fatto di gelo e solitudine, potrebbe essere a Pripyat, in Ucraina. Qui anche la speranza è negata. Poco lontano, il villaggio di Cernobyl e gli impianti accanto alla centrale esplosa il 26 aprile 1986 si aggrappano alla parvenza di vita che ancora deve gestire le conseguenze di quell'istante. Un cantiere aperto per l'eternità: la costruzione del secondo sarcofago, necessario per mettere in sicurezza il reattore n.4 e avviare lo smantellamento, non è neppure iniziata. Ma c'è un piano, un obiettivo: a Pripyat invece, il luogo abitato che era più vicino alla centrale nucleare, i lampioni e le case dei lavoratori dovranno sbriciolarsi e crollare da soli a poco a poco, demolirli solleverebbe la polvere radioattiva che ora sembra dormire sotto la neve. Denis, la guida dell'Agenzia statale per l'informazione su Cernobyl, non perde d'occhio il contatore Geiger a cui bastano un cespuglio o un muro più contaminato per schizzare oltre i valori normali di 14 microröntgens/ora, e scuote la testa quando il display dà l'allarme superando quota 500: «Non puoi prevedere dove si nasconde». In un raggio di dieci chilometri dal reattore, la terra è intrisa di cesio, uranio e plutonio, elementi che si mantengono radioattivi per migliaia di anni. Nessuno mai potrà tornare a vivere a Pripyat.
Nel silenzio parla soltanto la neve, la crosta ghiacciata che si spacca e sprofonda a ogni passo lungo quelle che erano strade. Le impronte camminano accanto a quelle di un grosso lupo, passato di qui - Denis ne è certo - non prima di due giorni fa. Linci, cervi, forse anche orsi: stanno ripopolando questa terra di nessuno, padroni di un mondo dove la vita - i quaderni sui banchi, i sedili del teatro, la ruota panoramica del parco giochi, gli slogan rimasti al tempo dell'Urss - si è fermata con l'ordine di evacuazione.
A Kiev, qualcuno ha proposto di fare di Cernobyl e dell'area off limits che si estende fino a 30 chilometri dalla centrale una zona ecologica che sfrutti il primato di "località turistica più esotica al mondo" conferito dalla rivista Forbes. Progetti che gli ambientalisti scoraggiano: «Forse tra 50 anni la tecnologia ci permetterà di costruire un'isola verde, oggi parlarne è una profanazione: vadano ad abitarci i deputati e i membri del governo», ha dichiarato Jurij Samoilenko, capo dell'associazione ucraina "Mondo verde".
Incuranti dei divieti, gli uccelli fanno il nido sul tetto del reattore, o meglio sul primo sarcofago provvisorio costruito poche settimane dopo l'incidente, tra le fessure che lasciano passare la pioggia sulla "zampa d'elefante", una stalagmite di materiali radioattivi fusi con i resti del reattore. Per bloccare la diffusione di emissioni, una soluzione di più lungo termine è stata affidata nel 2007 al consorzio francese Novarka (joint venture tra Vinci e Bouygues). Un piano che si trascina nel tempo tra le polemiche sull'aumento dei costi: alla Bers, Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, è affidata dal 1997 la gestione di un fondo per la messa in sicurezza del reattore: 800 milioni di euro promessi, 482 milioni stanziati. Ma la costruzione del secondo sarcofago presentava già nel 2007 un conto di un miliardo di euro, destinato a gonfiarsi con il passare del tempo. Il progetto prevede la costruzione di un enorme arco di acciaio, alto 108 metri e lungo 250, da montare su binari a fianco del reattore per poi farlo scorrere sopra il primo sarcofago. Lavorando direttamente sul tetto, infatti, in un'ora si può assorbire una dose di radioattività pari al massimo consentito in un anno, come sanno le migliaia di "liquidatori" che regalarono la propria salute per arginare la catastrofe: avevano a disposizione 40 secondi per correre a ricacciare nel cratere un blocco di grafite. I turni brevi e il ricambio necessari sono tra i tanti motivi che frenano i lavori, che peraltro ancora attendono l'autorizzazione della Chernobyl Nuclear Power Plant, malgrado la data prevista per la conclusione fosse il 2012. Nessuno la dà più per buona: per ora, vicino al reattore si vedono soltanto tratti di rotaie, né basterà un sarcofago più stabile a decretare "pulita" questa terra condannata. Bisogna smantellare la ciminiera, costruire un deposito sotterraneo - e qui si parla già del 2030 e di 1,6 miliardi di euro - per il 95% di materiale radioattivo rimasto all'interno, gestire le scorie degli altri tre reattori della centrale, fermati negli anni successivi al 1986.
Così la centrale che si è fermata definitivamente nel 2000 ma che richiederà anni per morire ha ancora 3.500 dipendenti. Vivono a fianco di altre 2.500 persone: nella zona proibita ci vogliono guardie per la sorveglianza degli impianti e dell'ambiente, pompieri, scienziati. Nel villaggio di Cernobyl poi ci sono altre 40 persone, tutte sopra i 70-80 anni. «I 49mila abitanti di Pripyat han voluto andare a vivere il più lontano possibile», racconta Denis e pochissimi, tra gli ucraini, hanno i soldi e la voglia di partecipare a questo business surreale per cui ogni agenzia di viaggio di Kiev da qualche anno propone il tour in giornata della zona proibita, a 100 chilometri dalla capitale, 70-170 dollari a testa. Dopo 24 anni, la società ucraina non ha ancora potuto scuotersi di dosso la paura, ma gli abitanti più anziani di Cernobyl pensano di avere l'età giusta per sfidare le radiazioni: non faranno in tempo ad ucciderli. Così sono tornati nella terra che non c'è, pochi superstiti tra le casette abbandonate a cui si avvinghiano gli alberi, soffocandole. A Cernobyl sono rimasti aperti cinque spacci, tre bar e nessun ristorante. Gli abitanti possono coltivare la terra, ma portare fuori qualunque prodotto e venderlo è proibito. Oggi due autobus li verranno a prendere per portarli a Ivankiv, oltre la zona proibita: a Cernobyl - un dramma su cui tutti i candidati alla presidenza dell'Ucraina hanno mantenuto il silenzio - seggi elettorali non ce ne sono.

Fonte: Il Sole 24 Ore.com, 17 gennaio 2010

martedì 12 gennaio 2010

Chernobyl: Le cifre di morti e tumori ancora oggetto di discussioni

Presso l’ospedale per i bambini malati di cancro a Minsk, in Belarus e all’ospedale per la Protezione radiologica di Vilne, nella parte orientale dell’Ucraina, i medici specialisti non hanno alcun dubbio che l’aumento dei tassi di cancro, di mutazioni e malattie del sangue siano elegate all’incidente di Chernobyl di 24 anni fa.
Ma è difficile ancora dimostrare che la mortalità infantile, a centinaia di chilometri dalla centrale nucleare distrutta, aumentata del 20%-30% in 20 anni o l’aumento della malattie genetiche, delle malformazioni agli organi interni e dei tumori alla tiroide, dipendano dal più grande rilascio al mondo di radioattività del 1986.

Le Nazioni Unite e l’Organizzazione Mondiale della Sanità sostengono che soltanto 56 persone sono morte come conseguenza diretta della radiazione fuoriuscita da Chenobyl e che 4.000 persone moriranno, forse, a causa di essa. Dicono anche che solo pochi bambini sono morti di cancro dopo l’incidente, e che la maggior parte delle malattie legate a Chernobyl sono dovute a stress psicologico, radiofobia, condizioni di povertà o stili di vita malsani.
Ma altri scienziati di fama internazionale nella ricerca sulle radiazioni nelle zone più contaminate di Russia, Belarus ed Ucraina, non ne sono convinti. L’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro, un altro istituto delle Nazioni Unite, prevede 16.000 morti per Chernobyl; una valutazione dell’Accademia Nazionale delle Scienze russa afferma che ci sono stati finora 60.000 decessi in Russia e ne stima 140.000 in Ucraina e Belarus. Nel frattempo, l’Accademia Nazionale della Scienze bielorussa stima finora 93.000 morti e 270.000 casi di tumori; la Commissione Nazionale ucraina per la protezione dalle radiazioni calcola, ad oggi, 500.000 decessi.

Le discordanze di queste cifre derivano dal fatto che non ci sono stati studi coordinati sulle conseguenze sanitarie dell’incidente.
Questo si dimostra in contrasto con Nagasaki ed Hiroshima, dove le ricerche ufficiali mostrano che l’aumento nella maggior parte delle tipologie principali di cancro e di altre patologie, divenne evidente solo dopo gli anni successivi alla caduta delle bombe atomiche.
Con Chernobyl ci sono state difficoltà nella raccolta di dati affidabili soprattutto nel caos amministrativo avvenuto dopo l’incidente. Centinaia di migliaia di persone sono state evacuate dalle zone colpite la disgregazione dell’URSS portando alla perdita di documenti e testimonianze.
Le controversie girano attorno alle agende ed ai dati dell’OMS e dell’AIEA, che ha promosso in maniera massiccia, negli ultimi 30 anni, l’uso dell’energia atomica. Le Nazioni Unite ritengono solamente validi studi scientifici pubblicati in alcune riviste del settore scritte in inglese, una regola che escluderebbe l’esame di decine di altri studi.
Quattro anni fa, un portavoce dell’AIEA si disse fiducioso che le previsioni dell’OMS fossero corrette. E Micheal Repacholi, direttore del Chernobyl Forum delle Nazioni Unite fino al 2006, affermò che la stima dei 4.000 decessi potrebbe essere stata troppo alta, ribadendo che i principali impatti negativi sulla salute di Chernobyl non sono stati causati dalle radiazioni, ma dal timore di esse.
Ma oggi, Linda Walker, del Chernobyl Children’s Project del Regno Unito, che finanzia orfanotrofi di Belarus ed Ucraina ed organizza vacanze di risanamento per i bambini vittime, ha chiesto uno sforzo determinato per conoscere gli effetti del disastro. "I genitori stanno dando alla luce bambini con disabilità o malattie generiche… ma, per quanto ne sappiamo, nessuna ricerca è in corso", ha detto.

Fonte: Progetto Humus, 11 gennaio 2010

lunedì 11 gennaio 2010

Userbars per tutti gli stalker della Zona!

La Sezione Multimedia del Sito si è ampliata con un paragrafo interamente dedicato a chi sia in cerca di una userbar relativa al mondo di S.T.A.L.K.E.R. da utilizzare come firma nei forum pubblici. Ho raccolto oltre 100 userbars, di libero utilizzo, cercando qua e là in Rete: sono tutte a disposizione.

Suggerisco di scaricare quelle di proprio gradimento e successivamente uploadarle mediante uno dei tanti servizi di hosting per immagini, in quanto Altervista non sempre supporta il link diretto.

S.T.A.L.K.E.R. userbars

venerdì 8 gennaio 2010

Darimar's Zone Music Compilation 2.0

Per festeggiare l'imminente arrivo di "Call of Pripyat" ho aggiornato e ampliato la Darimar's Zone Music Compilation alla versione 2.0.

In questa rivisitazione troverete musiche originali già presenti nella versione 1.0, come "The peaceful ending" (sia in versione "single" sia in versione "mix" assieme a tutte le altre composizione per chitarra presenti in SoC) e "Dirge for the planet" (leggendario brano centrale in "Shadow of Chernobyl") oltre a numerose composizioni amatoriali realizzate semplicemente per passione dalla Community di S.T.A.L.K.E.R.!

147 MB di alchimia sonora che vi riporteranno nalla Zona, fra radiazioni e anomalie, mutanti e scontri a fuoco, edifici fatiscenti e accampamenti di fortuna, sinistri misteri e angoscianti risposte. Più di 100 minuti durante i quali aggirarsi nuovamente all'interno di costruzioni abbandonate e nell'oscurità di nascondigli sotterranei, calpestare l'erba selvaggia e rigogliosa ancora umida dall'ultima pioggia, osservare il sole al crepuscolo mentre tramonta illuminando la Centrale nucleare con raggi pigri e aranciati. 34 tracce sonore da intrecciare fra loro per calarsi a proprio rischio e pericolo in un labirinto di ricordi e sensazioni, sperimentando di nuovo il turbine di emozioni che abbiamo provato giocando e rigiocando S.T.A.L.K.E.R. e che potremo rivivere più e più volte attraverso il nostro mediaplayer.

La raccolta dei brani è frutto di una mia personale selezione operata fra i lavori amatoriali pubblicati sul Sito ufficiale di S.T.A.L.K.E.R., alla quale ho aggiunto alcune tracce reperite in Rete a corredo di filmati, mod o videoclip realizzati dalla Community. I diritti d'autore di ciascuna traccia sonora appartengono ai rispettivi proprietari. Buon ascolto!


Download


martedì 5 gennaio 2010

"Call of Pripyat": dal 5 febbraio anche in Italia!

Sembrano trovare conferma le ultime indiscrezioni secondo cui, in Italia, il terzo capitolo della saga di S.T.A.L.K.E.R. sarebbe stato ufficialmente disponibile a partire dal prossimo 5 febbraio.
"Call of Pripyat", lanciato in Ucraina, Russia e Bielorussia il 2 ottobre 2009, in Germania, Austria e Svizzera ai primi di novembre 2009 e in Polonia alla fine dello stesso mese, arriverà finalmente sugli scaffali dei negozi italiani il 5 febbraio (stessa sorte per l'Inghilterra e gli altri Paesi europei) ma solo dopo che sarà sbarcato in America il 2 febbraio.

La discutibile politica commerciale di GSC Game World e bitComposer sembra quindi sul punto di compiersi. Io acquisterò "Call of Pripyat" a occhi chiusi non appena mi sarà possibile sebbene mi sia rimasto un po' di amaro in bocca per l'avvilente trattamento riservato al mercato "occidentale".
D'altra parte dovrebbe attenderci una versione del gioco praticamente esente da bug e già con molti mod pronti per essere dowloadati (risorse: Filefront e GSC Forum) e installati per godere di un'esperienza ludica ancora migliore.

Per le anticipazioni ufficiali/ufficiose sui contenuti e sulle novità di "Call of Pripyat" vi rimando a quanto pubblicato nella pagina dedicata sul Sito della Darimar's Zone. Salvo altre significative news prima del tempo, ci si becca dopo il 5 febbraio per i primi commenti a caldo su "Call of Pripyat"!

domenica 3 gennaio 2010

Chernobyl rimane radioattiva dopo 23 anni... ancora più di quanto originariamente previsto

Parlando alla riunione annuale dell’America Geophysical Union (AGU), lo scorso lunedì (14 dicembre 2009, ndDarimar), un gruppo di esperti ha rivelato un fattore problematico a Chernobyl, sul sito della centrale nucleare esplosa nel 1986.
Recenti misurazioni effettuate nella zona di esclusione, in cui gli esseri umani non possono accedere senza dispositivi di protezione individuale, hanno rilevato che il materiale radioattivo ricaduto nell’area è risultato quantitativamente di gran lunga lontano dal livello di degrado previsto.
In altre parole, gli scienziati dicono che ci vorrà molto più tempo affinchèi suoli potranno ritornare puliti rispetto a quanto creduto inizialmente.
Precedenti stime, basate sul fatto che il Cesio 137 ha un tempo di dimezzamento pari a 30 anni, affermavano che la zona di esclusione, evaquata, sarebbe potuta essere ripopolata in tempi brevi.
Ma gli esperimenti rivelano che il materiale radioattivo non si decompone così velocemente come previsto, e gli scienziati non hanno idea del perché questo stia accadendo.
Il 26 aprile 1986, Chernobyl fu il più grave incidente nucleare del mondo, classificato al livello 7 della Scala Internazionale degli eventi atomici. Le sue conseguenze, aggravate anche dal silenzio che le ha coperte, hanno visto molteplici persone esposte a dosi letali di radiazioni.
"Il tempo necessario affinchè la zona possa essere ripopolata è più lungo di quanto previsto. Le nuove stime sottolineano che il tempo di dimezzamento per Cesio 137, diffusosi all'esterno, è tra i 180 ed i 320 anni. Questo getta acqua fredda sui piani delle autorità ucraina di voler avviare il riutilizzo di quei terreni", dice lo scienziato nucleare Tim Jannick del Savannah River National Laboratory.
"Sono stato coinvolto, per molti anni, negli studi che riguardano Chernobyl, ma questo in particolare potrebbe essere di grande importanza per molti ricercatori, specialmente per quelli dei Dipartimenti per l’Energia", dice l’esperto di bonifica nucleare, Boris Faybishenko, del Lawrence Berkeley National Laboratory.
Questo studio offre una finestra di opportunità per studiare tutti i possibili effetti di avvelenamento da radiazioni sull’ambiente e sugli ecosistemi. Negli ultimi vent’anni sono stati molti i team di ricercatori che hanno continuato a studiare ed analizzare elementi come lo stronzio, cesio e gli isotopi di plutonio presenti nei terreni intorno alla centrale atomica di Chernobyl.

Fonte: Progetto Humus, 18 dicembre 2009

venerdì 1 gennaio 2010

Dopo 23 anni la nube di Chernobyl è ancora contaminante

Durante la tavola rotonda sulla Qualità dell'aria, tenutasi durante l'ultima Convention Arg Bergamo, la dott.ssa Daniela Saetta ha esposto un'attenta analisi sugli ultimi studi effettuati sul pellet dopo il caso scoppiato a giugno quando fu sequestrato, dalla magistratura di Aosta, un campione di pellet proveniente dai paesi dell'Est considerato radioattivo.
Infatti in tale campione, proveniente dalla Lituania, fu riscontrato un valore di concentrazione di attività di Cesio-137 (Cs-137) pari a 320 Bq/kg (Becquerel al chilogrammo), e nelle ceneri di combustione i valori in concentrazione di attività furono di 40.000 Bq/kg.
Il pellet è un combustibile utilizzato per stufe di ultima generazione, recentemente immesso in commercio in sostituzione dei ceppi di legno. È ricavato dalla segatura essiccata e poi compressa in forma di piccoli cilindri del diametro di 6-8 mm. L'uso del pellet nelle stufe domestiche comporta, rispetto alle stufe tradizionali, una serie di vantaggi di tipo ecologico, energetico e di gestione dell'impianto di riscaldamento grazie alla elevata resa termica (superiore all'80%), al bassissimo residuo finale di ceneri (0,58%) e il basso costo.
Abbiamo rivolto alla dott.ssa Saetta alcune domande per capire meglio questo interessante argomento di cui oggi se ne parla sempre meno.

Anche il vostro laboratorio ha effettuato analisi sui campioni di pellet in esame, cosa avete riscontrato?

Appena scoppiato il «caso» i laboratori di radiometria sono stati allertati e sono scattati i controlli. Le Autorità competenti, i commercianti di pellet, i privati e gli operatori del settore ambientale si sono subito attivati e hanno richiesto all'Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiante), all'Università, e altri Enti di effettuare le misure radiometriche. Anche il nostro Laboratorio, che dagli anni 80 è impegnato nel campo della radioattività naturale e artificiale ed effettua misure su varie matrici, ha subito iniziato una serie di indagini radiometriche su vari campioni di pellet e relative ceneri di combustione. Le misure svolte in questo periodo su campioni di varia provenienza hanno spesso evidenziato una presenza del radionuclide Cs-137, in particolare nei campioni provenienti dai Paesi dell'Est.

Perché i campioni presentavano un'elevata concentrazione di radiocesio?

Il fenomeno del turnover del radiocesio viene seguito oramai da un trentennio dai ricercatori della nostra Sezione come pure dai centri di ricerca della radioattività ambientale nei vari Paesi. L'incidente di Chernobyl si è verificato nel 1986 ma tra i radionuclidi rilasciati in aria ve ne sono alcuni il cui tempo di dimezzamento è tale che l'ambiente resterà contaminato per svariato tempo! Basti pensare che il Cs-137 è un radionuclide che ha un tempo di dimezzamento di circa 30 anni! Ciò significa che a distanza di 30 anni, l'attività iniziale in una matrice contaminata, è ridotta soltanto del 50%. Per questo motivo gli studiosi sanno che è necessario seguire attentamente nel corso degli anni il fenomeno anche in riferimento al turnover dei radionuclidi, e, nel nostro caso, del radiocesio.

Lei parla di «turnover» del radiocesio, ma che cosa è?

Il cesio si «muove» negli ecosistemi contaminati e passa da una matrice all'altra: dall'aria ricade nelle acque, e da queste torna ai vegetali, ai suoli, agli animali, all'uomo. Se il «fallout» (ricaduta) interessa i suoli si deposita in essi e poi, favorito dalle piogge, passa dagli strati superficiali a quelli più profondi e diviene chimicamente disponibile per l'assorbimento radicale da parte delle piante. Ora che a distanza di anni dal disastro nucleare di Chernobyl il cesio è affondato nei terreni, può essere captato («uptake») anche dalle radici delle piante ad alto fusto e, favorito da meccanismi di competizione con lo ione potassio (per simile comportamento chimico, occupando lo stesso gruppo nella tavola periodica), viene metabolizzato da esse.

Che ruolo svolge il suolo in tutto questo?

Un ruolo importantissimo! Innanzitutto la contaminazione è diversa a seconda che il suolo sia coltivato o non coltivato. Nel suolo coltivato il continuo rimescolamento fa sì che il cesio sia distribuito in modo piuttosto omogeneo nei vari strati; se il suolo non è coltivato invece il cesio ha il tempo di affondare dagli strati superficiali a quelli profondi. Ma i fattori che rendono il suolo una potenziale fonte di rilascio sono molteplici: la composizione del suolo in percentuale argillosa e componente organica, il pH ecc. Sostanzialmente si instaura tra i suoli e l'apparato radicale dei vegetali un equilibrio di scambio, mantenuto dal cosiddetto «pool ionico labile» del suolo che serve a fornire gli elementi biodisponibili per le radici.

Dunque è per il ritorno dal suolo alle piante che il radiocesio è stato riscontrato nel pellet?

Certo, perché il legno utilizzato per la produzione è contaminato. Infatti il campione «incriminato» proveniva dalla Lituania che, come tutti i Paesi dell'Est vicini al luogo dell'incidente nucleare, risente maggiormente della contaminazione ambientale.

Quindi sono i legnami provenienti dall'Est ad essere contaminati?

Sì, ma non soltanto questi. Dopo l'incidente la «nube radioattiva», costituita sia da radionuclidi in forma gassosa che sottoforma di aerosol particolato (alcalino o alcalino-terrosi), si è spostata, sospinta dai venti e, seguendo il destino dettato dalle condizioni atmosferiche e dai venti anche di bassa quota, ha potuto raggiungere anche Paesi lontani dal luogo dell'esplosione. Le precipitazioni abbondanti nei giorni successivi all'incidente di Chernobyl hanno fatto sì che con la pioggia fossero «eluiti» nelle regioni sottostanti i radionuclidi contenuti nella nube radioattiva. Il risultato finale è stato una contaminazione definita «a macchia di leopardo» ossia nella zone limitrofe a Chernobyl e nei Paesi raggiunti dalla nube. Peraltro la contaminazione riguarda, come detto, varie matrici e non soltanto il pellet.

Quali sono gli obiettivi del vostro studio sui pellet? E quali le prospettive future?

Oggi le nostre misure sono volte a identificare la presenza di altri radionuclidi nel pellet. Inoltre la nostra ricerca non si limita solo alla misura di campioni di pellet e relative ceneri ma abbiamo approntato un piccolo orto-studio nel quale, come molti privati hanno l'abitudine di fare, si usano le ceneri residue della stufa come concimanti. Ciò ci permetterà di verificare il ritorno ai vegetali dal momento che nella stima della dose efficace impegnata uno dei principali contributi proviene dall'ingestione.

Fonte: Villaggio Globale, 31 dicembre 2009; Autore: Stefania Petraccone