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venerdì 29 aprile 2011

Chernobyl per non dimenticare

A 25 anni dal disastro, ancora incerto il numero delle vittime.

Un disastro senza precedenti, la desolazione e la sofferenza che ne sono seguiti hanno segnato i venticinque anni trascorsi da quel maledetto 26 Aprile del 1986.
L’orologio segnava l’una, 23 minuti e 44 secondi quando è esploso il reattore numero quattro della Centrale nucleare V.I. Lenin di Chernobyl.
La più grande catastrofe della storia del nucleare civile.
Per la venticinquesima volta è suonata la campana della centrale per ricordare le vittime dell’incidente. Nel giorno delle celebrazioni, il presidente russo Dmitry Medvedev, ha annunciato che proporrà ai Paesi del G8 iniziative concrete per “aumentare la sicurezza delle centrali elettriche nucleari”.
Rimane controversa, ad oggi, la stima delle vittime.
Secondo il rapporto ufficiale dell’Unscear, la commissione scientifica dell’Onu per gli effetti delle radiazioni nucleari, sono 31 le vittime accertate nell’incidente tra soccorritori e pompieri e 6000 i casi di tumore alla tiroide direttamente collegabili all’esposizione alle radiazioni.
Secondo fonti non ufficiali però, questi dati sono destinati a salire.
Il Partito Verde Europeo ha stilato un rapporto alternativo denominato Torch (The other report on Chernobyl) che concorda con la stima delle vittime accertate ma se ne distingue per quel che riguarda i morti presunti. In particolare secondo il Torch salirebbe a 9.000 il numero delle vittime presunte colpite da tumori e malattie causate dall’esposizione alle radiazioni.
Ausra Kesminiene, rappresentante dell’Agenzia per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione mondiale della sanità, al summit internazionale di Kiev per il 25mo anniversario di Chernobyl, ha lanciato un appello affinché si intraprendano nuovi studi e ricerche sul lungo periodo “perché gli effetti dell’incidente continuano ancora oggi e non sono del tutto noti”.
L’appello è stato raccolto dall’Onu che continua a monitorare gli effetti delle radiazioni, attraverso il Piano d’azione Onu su Chernobyl, che durerà fino al 2016 e in cui è impegnata anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).
Si tenta di promuovere la ricerca sulle conseguenze per la salute degli abitanti dell’area e in particolare l’Oms lavora a stretto contatto con l’Agenzia Internazionale per l’energia atomica (Aiea), Unicef e Programma di Sviluppo dell’Onu (Undp) per informare il pubblico, ridurre i rischi di salute e promuovere lo sviluppo nelle aree contaminate di Bielorussia, Russia e Ucraina.
Ma i pericoli per la salute della popolazione derivano anche dalle macerie di quell’esplosione che non sono mai state smaltite.
A Kiev, il direttore del sito di Chernobyl, Igor Gramotkin, ha precisato che il 95% di tutto il materiale radioattivo è ancora sotto le macerie e continua a sprigionare radioattività pari a 15 milioni di Curie.
Secondo l’Aiea l’esplosione portò la contaminazione più elevata nel raggio di 100 km dalla centrale.
Oggi la zona entro un raggio di 30 km è interdetta all’accesso pubblico, anche se, grazie a permessi speciali, i turisti possono spingersi fino al piazzale davanti al reattore e alla città fantasma di Pripyat.
Nel 1997 al vertice del G7 a Denver fu fondata la Chernobyl Shelter Fun per raccogliere fondi per mettere in sicurezza il reattore.
La conferenza dei donatori nella capitale ha raccolto finora 550 milioni di euro per la costruzione del nuovo sarcofago, che deve racchiudere e isolare le macerie radioattive, e del nuovo impianto di stoccaggio per le scorie che dovrebbero essere ultimati nel 2015.

Fonte: Ghigliottina.it, 28 aprile 2011.

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