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sabato 25 febbraio 2012

Crescono in regione i tumori alla tiroide, ma la colpa non è di Chernobyl

Lo afferma uno studio del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano

Non c'é nessun nesso tra il disastro di Chernobyl e la maggiore incidenza dei tumori della tiroide riscontrata negli ultimi 20 anni.
Lo afferma uno studio del Centro di Riferimento Oncologico (Cro) di Aviano, pubblicato dalla rivista Thyroid, che mostra che in alcune regioni i tassi della patologia sono aumentati fino al doppio. "E' emersa una differenza significativa nella frequenza dei tumori, anche di cinque volte, tra diverse regioni italiane - spiega Luigino Dal Maso, ricercatore presso la struttura di Epidemiologia e Biostatistica di Aviano - L'aumento interessa per lo più i tumori papillari, quelli a migliore prognosi, con i tassi di incidenza più alti in Emilia Romagna e nel Lazio. Al contrario, i tassi d'incidenza più bassi sono stati riscontrati soprattutto nel Nord Italia tra cui il Piemonte, la Lombardia, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia".
Lo studio ha esaminato i dati più recenti dell'Associazione Italiana dei Registri Rumori italiani (Airtum), cercando di correlare il numero di casi in ogni regione con i tassi dei quattro principali fattori di rischio per la tiroide, cioé l'esposizione a radiazioni ionizzanti, come appunto quelle di Chernobyl, la presenza di patologie benigne precedenti, la carenza di iodio e l'obesità.
Lo studio mostra che non c'é un aumento delle patologie nelle regioni a più alta esposizione alle radiazioni: l'Emilia Romagna, ad esempio, ha una incidenza dei tumori molto alta, ma un'esposizione bassa alle radiazioni. Probabilmente, conclude l'esperto, a determinare l'aumento delle diagnosi è una maggiore attenzione a questo tipo di tumori negli ultimi anni: "Lo studio - conclude Dal Maso - mette a fuoco il forte legame tra l'aumento dei tumori alla tiroide e la crescente attenzione diagnostica per queste neoplasie. Dov'é cresciuta l'attenzione per la diagnosi precoce dei tumori della tiroide con le ecografie l'aumento è più rilevante".

Fonte: Pordenone Oggi, 24 febbraio 2012



Tumori: cancro tiroide, frequenza anche 5 volte diversa tra Regioni

In Italia crescono i casi di tumore alla tiroide, ma i rischi non sono uguali lungo lo stivale. Sono infatti notevoli le differenze regionali nella frequenza dei casi, che possono variare anche di 5 volte. L'aumento riguarda per lo più i tumori papillari (quelli a migliore prognosi) con i tassi di incidenza più alti in Emilia Romagna e nel Lazio. Al contrario, i tassi d’incidenza più bassi sono stati riscontrati soprattutto in Piemonte, la Lombardia, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia. Sono alcuni dati di uno studio realizzato dal Centro di riferimento oncologico di Aviano (Cro) e pubblicato sulla rivista statunitense Thyroid e secondo il quale la crescita di casi è legata in larga parte alla maggiore capacità di diagnosi. La ricerca è partita dal dato, poco noto anche tra i medici, che indica come il tumore alla tiroide abbia fatto registrare, tra il 1991 e il 2005, in Italia e nel resto dei Paesi industrializzati, il maggior incremento di nuovi casi. Il Centro di riferimento oncologico di Aviano ha indagato – utilizzando i dati più recenti dell’Associazione italiana dei registri rumori italiani (Airtum) – le possibili cause di questo aumento. Il primo dato è che tutte le classi di età sono state coinvolte, con un picco nella fascia 45 – 49 anni per le donne e 65 – 69 anni per gli uomini. Sono emerse, inoltre, le forti differenze regionali, spiega Luigino Dal Maso, ricercatore presso la struttura di Epidemiologia e Biostatistica di Aviano. Per fare chiarezza il ricercatore ricorda che le tipologie di tumore alla tiroide sono quattro: papillare (circa l’80%, bassissima mortalità), follicolare, midollare e anaplastica (il 2%, la prognosi molto severa). I principali fattori di rischio accertati sono l’esposizione a radiazioni ionizzanti, la presenza di patologie benigne precedenti (in particolare di noduli benigni e gozzo), la carenza di iodio e, probabilmente, l’obesità. "I risultati della nostra ricerca condotta in tutta Italia - dice Dal Maso - escludono che l’eventuale esposizione alle radiazioni post-Chernobyl possano aver provocato un aumento dei tumori della tiroide. Come pubblicato da Nature nel 2011, l’incidente di Chernobyl ha provocato una esposizione di circa 0,3 milliSievert (mSv), pari a circa un decimo dell’esposizione naturale a radiazioni ionizzanti. Una esposizione, quindi, che non può spiegare il diverso aumento dei tumori della tiroide nelle regioni italiane". Secondo il ricercatore "anche la carenza di iodio, essendo più pronunciata nelle regioni alpine, non può spiegare il maggior aumento nelle regioni pianeggianti. Come dimostrato da studi simili condotti in altri Paesi, lo studio italiano mette a fuoco il forte legame tra l’aumento dei tumori alla tiroide e la crescente attenzione diagnostica per queste neoplasie. Dov’è cresciuta l’attenzione per la diagnosi precoce dei tumori della tiroide con le ecografie, l’aumento è più rilevante". I tumori della tiroide colpiscono, ogni anno in Italia, 14 donne su 100mila e 4 uomini ogni 100mila. La mortalità è molto più bassa, essendo la causa di morte di 1 persona ogni 100mila abitanti. "Siccome i tumori papillari della tiroide raramente mettono a rischio al vita del paziente, le conclusioni dello studio suggeriscono di ripensare alle possibili conseguenze dei sovratrattamenti, in particolare per quanto riguarda le giovani donne", conclude Dal Maso.

Fonte: Adnkronos Salute, 24 febbraio 2012

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